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Approvato dal concilio ortodosso il testo sul digiuno

luce ortodossada Chania HYACINTHE DESTIVELLE

Il Santo e grande concilio della Chiesa ortodossa ha dedicato una parte dei suoi dibattiti del 22 e 23 giugno alla questione del digiuno, inclusa nell’agenda fin dall’inizio della sua preparazione. Nel 1961 si pensava di adattare le regole del digiuno, ispirate in gran parte dall’ideale monastico, alle condizio- ni di vita dei fedeli. Con il titolo «Adattamento del regolamento del digiuno alle esigenze della nostra epoca», le prime bozze dei documenti preconciliari sul tema proponevano regole generali abbreviando o rendendo meno rigidi alcuni digiuni. La terza conferenza panortodossa preconciliare del 1986 pubblicò per la prima volta il documento esami- nato in questi ultimi giorni dal concilio, con un titolo nuovo: L’im- portanza del digiuno e la sua osservanza oggi.
Il cambiamento del tito- lo era significativo: l’accento non ve- niva più posto sull’adattamento del- le regole — il che resta comunque un elemento importante del documento attuale — ma sull’importanza del digiuno nella vita spirituale del cristiano. L’adattamento non do- vrebbe dunque avvenire attraverso una modifica delle regole, ma me- diante l’applicazione del principio dell’ oikonomìa , vale a dire rendendo meno rigida l’applicazione della re- gola canonica ( akribìa ) perilbene spirituale dei credenti, caso per caso. Nel gennaio 2016, la sinassi dei pri- mati ha inserito questo tema al quarto posto nell’ordine del giorno del concilio. Il digiuno «è una istituzione anti- chissima [...] stabilita sin dal paradi- so». È con questa citazione di san Basilio che inizia il documento, il quale dichiara che il digiuno è «l’espressione migliore dell’ideale ascetico dell’ortodossia», e ricorda che la Chiesa ortodossa «ha sempre proclamato il grande valore del di- giuno per la vita spirituale dell’uo- mo e la sua salvezza». Basandosi sulle fonti bibliche e apostoliche del digiuno, e soprattutto sul suo «si- gnificato cristologico», il documento afferma che «tutti i fedeli sono chia- mati a conformarvisi, ognuno secon- do le proprie forze e le proprie pos- sibilità, senza però avere la libertà di ignorare questa istituzione sacra» al fine di «raggiungere la theòsis duran- te la loro vita». In effetti, «è impos- sibile accedere alla vita spirituale or- todossa senza la lotta spirituale del digiuno». Il digiuno, prosegue il testo, è le- gato alla preghiera, al pentimento e alla beneficenza, «soprattutto nella nostra epoca in cui la distribuzione ineguale e ingiusta dei beni giunge a privare interi popoli del loro pane quotidiano». Ma «digiunare non si- gnifica astenersi semplicemente da alcuni alimenti precisi»: di fatto, «l’astinenza da alcuni alimenti e la frugalità [...] costituiscono gli ele- menti visibili di quella lotta spiritua- le che è il digiuno». Il testo ricorda i digiuni prescritti dalla Chiesa ortodossa. Si tratta di quattro periodi dell’anno liturgico che precedono le festività di Pasqua (Grande Quaresima), dei santi apo- stoli Pietro e Paolo, della Dormizio- ne, di Natale, ma anche i digiuni giornalieri dell’Esaltazione della Santa Croce, della vigilia dell’Epifa- nia e della Decollazione di san Gio- vanni il Precursore, e i digiuni infra- settimanali del mercoledì e del ve- nerdì. Infine il documento ricorda l’esigenza del digiuno eucaristico (prima della mezzanotte), come pu- re i benefici spirituali del digiuno «in segno di pentimento, per la rea- lizzazione di un voto spirituale, per il successo di un santo intento, in un periodo di tentazione, per ac- compagnare una supplica a Dio, pri- ma del battesimo (quello degli adul- ti), prima dell’ordinazione, in caso di penitenza, durante i santi pelle- grinaggi e in altri casi analoghi». Tuttavia, precisa il testo, «con cle- menza pastorale» la Chiesa ortodos- sa applica anche «il principio eccle- siastico di economia». In effetti, «oggi è un dato di fatto che molti fedeli, sia per negligenza sia a causa delle condizioni di vita, quali che siano, non rispettano tutte le pre- scrizioni che riguardano il digiuno». Questi casi, «siano essi generali o individuali», devono essere trattati dalla Chiesa «con sollecitudine pa- storale». La Chiesa «lascia dunque alle Chiese ortodosse locali la cura di fissare la misura di economia miseri- cordiosa e di indulgenza da applica- re al fine di alleggerire il “p eso” dei digiuni sacri per quanti hanno diffi- coltà a rispettare tutto ciò che questi prescrivono, sia per motivi personali (malattia, servizio militare, condizio- ni di lavoro, e così via), sia per mo- tivi generali (condizioni climatiche, difficoltà di trovare alcuni alimenti magri)». Come si può vedere, il documen- to non apporta alcun cambiamento alle regole ortodosse riguardanti il digiuno: al contrario, le conferma e le promuove. Quanto alla possibili- tà di renderle meno rigide, dà prova di realismo: piuttosto che fissare re- gole generali, come era stato previ- sto, lascia a ogni Chiesa locale la cura di fissare, mediante l’applica- zione del principio di economia, eventuali adattamenti in funzione del contesto. Dalla sua pubblicazione nel 1986 il testo in pratica non è stato modi- ficato e, di tutti i testi preconciliari, è l’unico a non essere stato contesta- to in questi ultimi mesi dall’una o dall’altra Chiesa autocefala. Al mo- mento della sua prima pubblicazio- ne, il teologo ortodosso Olivier Clé- ment sottolineava la necessità, per parlare di digiuno, «di utilizzare il linguaggio contemporaneo, partico- larmente suggestivo, del desiderio e del bisogno: limitare i bisogni per li- berare il desiderio, che è desiderio di Dio». Proseguiva dicendo: «In una civiltà circondata dal nulla e dove molti cercano le vie del silen- zio, della pace delle profondità, di una consapevolezza del corpo, par- lare di ascesi permetterebbe di por- tare lontano la testimonianza dell’or- todossia, attualizzando l’immensa esperienza spirituale di cui essa di- sp one». Il documento del Santo e grande concilio sul digiuno è una profonda testimonianza della tradizione asceti- ca ortodossa e un incoraggiamento per tutti i cristiani. Tale testimonian- za è particolarmente necessaria in un’epoca segnata al tempo stesso da una cultura consumistica e dalla ri- cerca di uno stile di vita più mode- rato e più frugale. Allargando la prospettiva al rapporto del cristiano con il suo corpo e con la creazione, si è tentati di fare un parallelismo con l’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco, che in essa lancia un ap- pello alla sobrietà: «La sobrietà, vis- suta con libertà e consapevolezza, è liberante. Non è meno vita, non è bassa intensità, ma tutto il contra- rio» (n. 223). Tale parallelismo è ancor più giu- stificato in quanto Papa Francesco, all’inizio della sua enciclica, cita il patriarca ecumenico Bartolomeo: «[Bartolomeo] ci ha proposto di passare dal consumo al sacrificio, dall’avidità alla generosità, dallo spreco alla capacità di condividere, in un’ascesi che “significa imparare a dare, e non semplicemente a rinun- ciare. È un modo di amare, di pas- sare gradualmente da ciò che io vo- glio a ciò di cui ha bisogno il mon- do di Dio”» (n. 9).

© Osservatore Romano - 26 giugno 2016