Non si può parlare in modo generico di ortodossi e cattolici

 

Monsignor Fortino presenta gli Atti del IX Simposio Intercristiano di Assisi
Di Mirko Testa

ROMA, martedì, 22 gennaio 2008 (ZENIT.org). 

Il dialogo fra cattolici e ortodossi non può essere portato avanti su presupposti generici, avverte monsignor Eleuterio Fortino, Sottosegretario del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani.

 Intervenendo, il 15 gennaio scorso, alla Pontificia Università Antonianum di Roma, monsignor Fortino ha sottolineato la necessità di "superare lo stadio di parlare in modo generico di ortodossi e di cattolici", perché "la precisione locale, temporale, culturale aiuta il dialogo stesso".

 A offrire lo spunto per questa riflessione è stata la presentazione degli Atti del IX Simposio Intercristiano, tenutosi ad Assisi dal 4 al 7 settembre 2005, e organizzato dall'Istituto Francescano di Spiritualità dell' Antonianum e dal Dipartimento di Teologia della Facoltà teologica dell'Università Aristoteles di Tessalonica (Grecia).

 Questa iniziativa promossa da due Facoltà teologiche si svolge ogni due anni e viene alternativamente ospitata dalla Chiesa ortodossa o dalla Chiesa cattolica, al fine di favorire la ricerca e la didattica allargando alle nuove generazioni l'impegno ecumenico e la ricerca dei mezzi più adeguati per la sua attuazione.

Nel volume dal titolo "L'Eucaristia nella tradizione orientale e occidentale, con speciale riferimento al dialogo ecumenico" (2005), curato da Luca Bianchi, si susseguono quattordici interventi, affidati alternativamente a un cattolico e a un ortodosso su tematiche affini; le relazioni seguono come filo conduttore quello storico e muovono dai testi neotestamentari per arrivare alle implicazioni nell'attuale movimento ecumenico.

Nel suo discorso monsignor Fortino ha da subito messo in rilievo le diverse forme e connotazioni della ricerca della piena comunione fra cattolici e ortodossi, "che vanno dalle relazioni fraterne, fra Chiese locali, fra monasteri, fra istituzioni caritatevoli, agli scambi culturali, alle collaborazioni universitarie, alle varie forme di dialogo strutturato".

Inoltre, ha aggiunto che oltre al dialogo teologico ufficiale attraverso la Commissione mista internazionale - istituita nel 1979 - fra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa nel suo insieme, cioè con l'insieme delle Chiese autocefale ortodosse, vi sono dialoghi cattolico-ortodossi nazionali come quello negli Stati Uniti d'America, in Francia e in Germania.

"Oggi - ha continuato - il dialogo è aperto fra la Chiesa cattolica e la 'Chiesa ortodossa' , cioè considerando l'insieme delle Chiese ortodosse una realtà unica, e ciò è possibile perché l'ortodossia per quanto riguarda la fede e la tradizione canonica fondamentale è unica, nonostante le sue autocefalie".

"L'autocefalia si riferisce alla gestione amministrativa e organizzativa e non al dogma - ha spiegato -. Ma è anche vero che le varie Chiese autocefale hanno iniziative proprie, anche nelle relazioni ecumeniche".

"I soggetti implicati in questi nostri simposi sono di natura accademica e per quanto riguarda la Facoltà teologica di Tessalonica si tratta di una realtà greca", ha affermato.

Monsignor Fortino ha quindi tenuto a precisare che le divergenze tra cattolici e ortodossi non possono essere esclusivamente risolte a livello teologico: "Esse investono vari campi, tra cui quello delle mentalità diffuse tra i fedeli che occorre indirizzare alla comprensione reciproca e alla comunione nella verità e nella carità".

E' in tale contesto dinamico e nell'ambito dei contatti universitari, ha spiegato, che il Simposio intercristiano si caratterizza per il tentativo di identificare quello che cattolici e ortodossi hanno già in comune per viverlo concretamente insieme.

Tra l'altro, ha ricordato, lo stesso Documento preparatorio al dialogo teologico ufficiale cattolico-ortodosso attirava l'attenzione su questo problema, affermando esplicitamente che "quando si esaminano i problemi esistenti, bisogna distinguere tra le divergenze compatibili con la comunione nell'Eucaristia e quelle non compatibili, che esigono una soluzione e un comune accordo".

Il Sottosegretario del Dicastero per l'unità dei cristiani ha quindi ammesso l'esistenza di "una moltitudine di sviluppi dovuti a condizioni storiche che sono unilateralmente prevalse sia in Oriente che in Occidente", e che non costituiscono elementi "indifferenti per la comunione all'Eucaristia", cioè per il ristabilimento della piena comunione.

Il Decreto sull'ecumenismo, Unitatis Redintegratio, ricordava tuttavia "con quanto amore i cristiani di Oriente celebrano la Sacra Liturgia, specialmente quella eucaristica fonte della vita della Chiesa e pegno della gloria futura", e sottolineava come proprio in virtù dei sacramenti della successione apostolica, del ministero e dell'Eucarista, essi "restano ancora uniti con noi da strettissimi vincoli".

"Nel frattempo cattolici e ortodossi, in modo coerente con le proprie corrette teologie ma in modo oggettivamente scandaloso, celebrano separatamente l'Eucaristia", ha osservato con rammarico monsignor Fortino.

Anche se la Chiesa cattolica, ha aggiunto, proprio con il Decreto sull'ecumenismo "ha previsto che per il bene delle anime, in date circostanze, è possibile una certa communicatio in sacris, ma mai la concelebrazione eucaristica".

Il principio espresso è infatti che "la comunicazione in cose sacre non la si deve considerare come un mezzo da usarsi indiscriminatamente per il ristabilimento dell'unità dei cristiani" e "dipende soprattutto da due principi: dalla manifestazione dell'unità della chiesa e dalla partecipazione ai mezzi di grazia".

Infine, ha concluso, questa divisione "non deve scoraggiare ma piuttosto spronare al dialogo, alla preghiera e alla cooperazione e avvicinarci a quel giorno benedetto 'in cui - secondo le parole dell'Enciclica Ut Unum Sint - sarà raggiunta la piena unità nella fede e potremo celebrare nella concordia la santa eucaristia del Signore'".