Una sfida alla coscienza cristiana

bimbi-russiadi GIOVANNI ZAVATTA

Anche la Chiesa ortodossa russa sta concentrando la sua attenzione sulla famiglia. Mercoledì scorso, a San Pietroburgo, durante la riunione del Comitato consultivo interconfessionale cristiano, il metropolita di Volokolamsk, Hilarion, presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del patriarcato di Mosca, ha sottolineato che «il futuro del nostro Paese dipende in gran parte da quanto i cittadini, come un tempo, sappiano amare i loro figli e creare famiglie forti, e siano in grado di prendersi cura dei bambini abbandonati».
Quello degli orfani (e degli adolescenti lasciati in istituto da genitori incapaci di accudirli) è una questione assai sentita in Russia, recentemente anche al centro di polemiche legate alle richieste di adozione provenienti dall’estero. Non un caso quindi che il tema dell’assemblea sia stato la crisi della famiglia e il titolo della relazione di Hilarion Il problema degli orfani. Una sfida alla nostra coscienza cristiana. Per il bene delle generazioni future — ha detto il responsabile ortodosso — «dobbiamo alzare la voce in difesa dei tradizionali principi dell’etica familiare, utilizzando tutti i mezzi a nostra disposizione, attraverso un lavoro pastorale, educativo, diaconale, e all’interno delle organizzazioni internazionali». Per il patriarca di Mosca, Cirillo, che ha inviato un messaggio, la famiglia è da secoli «un baluardo della tradizione», capace di dare continuità alle generazioni e di garantire prosperità in ogni società. «Purtroppo — ha osservato — oggi stiamo assistendo alla crisi dei valori della famiglia, associata al rifiuto delle norme della morale cristiana che porta a un aggravamento dei problemi sociali». In un mondo in rapido cambiamento, uno degli obiettivi-chiave del dialogo interreligioso è di «contribuire alla conservazione delle idee tradizionali sul matrimonio, rafforzare i legami familiari e la formazione dei giovani, promuovendo un atteggiamento responsabile verso la maternità e la paternità, dono e grazia di Dio». Senza dimenticare, ha concluso il patriarca, l’aiuto nei confronti dei bambini abbandonati, soprattutto tramite l’istituto dell’adozione. La Chiesa ortodossa russa sostiene più di duemilanovecento fra strutture sociali, progetti e iniziative, e gestisce novanta orfanotrofi, dove sono ospitati circa millecinquecento bambini, e diciotto rifugi per donne in stato di gravidanza e madri in difficoltà. Oltre cinquanta le diocesi dove sono attivi centri di tutela della maternità e scuole materne parrocchiali; in molte di esse sono presenti medici e psicologi allo scopo di far desistere dal loro intento le donne che hanno deciso di abortire. E non mancano, in chiese e monasteri, servizi di supporto ad alcolisti e tossicodipendenti. Tuttavia, durante il forum a San Pietroburgo, non sono mancati interventi critici. Alcuni rappresentanti ortodossi russi hanno messo in evidenza che gli aiuti statali alle famiglie sono insufficienti, anche a causa di un errato approccio burocratico: per esempio, i soldi finiscono alle amministrazioni degli orfanotrofi anziché, direttamente, ai bambini abbandonati lì da genitori poverissimi. Le cifre dei cosiddetti “orfani sociali” in Russia sono impressionanti: ammonterebbe ad almeno seicentomila solo il numero dei bambini lasciati negli istituti da genitori che hanno perso la patria potestà per alcolismo, tossicodipendenza, abusi, miseria. Bambini dunque che non hanno perso il papà o la mamma ma restano vittime dell’estrema povertà o dell’incapacità dei grandi. Lo stesso Hilarion, parlando in particolare dei piccoli disabili, ha detto che «serve un vero aiuto dallo Stato» e che «i benefici devono essere reali, non simbolici». E ha ricordato che «in molti Paesi post-sovietici i problemi relativi ai bambini disabili non sono stati risolti», con il risultato della presenza, tuttora, di “collegi di correzione”, case speciali dove ci si limita alle cure sanitarie e all’alimentazione senza prendere in considerazione l’ip otesi di un eventuale inserimento nella so cietà. I cristiani — ha concluso il metropolita — sono chiamati a essere «lievito che fa fermentare tutta la pasta» (cfr. I Corinzi, 5, 6), a testimoniare al mondo che «una famiglia forte, basata sull’amore e sulla fedeltà reciproca tra un uomo e una donna, non è un residuo del passato né un ideale irraggiungibile». Il Comitato consultivo interconfessionale cristiano è stato istituito nel 1996 allo scopo di mantenere un dialogo costante tra le comunità cristiane presenti in Russia, Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Estonia, Kazakhstan, Kyrgyzstan, Lettonia, Lituania, Moldova, Tadjikistan, Ucraina ed Uzbekistan, consentendo loro di esprimersi sulle questioni di attualità più urgenti. Ne fanno parte rappresentanti ortodossi, cattolici e protestanti. Oltre al metropolita Hilarion, sono co-presidenti del comitato l’arcivescovo di Madre di Dio a Mosca, Paolo Pezzi, e il responsabile del Dipartimento per i rapporti esterni dell’Unione dei cristiani battisti evangelici di Russia, Vitali Vlasenko.

© Osservatore Romano - 1 marzo 2014